Tuesday, February 15, 2011

ICROSS exhibitions www.afrca-awakes.com 2011

Awakening ICROSS

IL PROGETTO
2011: anno della cultura africana in Italia
Dopo 5 anni di esperienza a contatto con la cultura africana, per la realizzazione di reportage a fini
umanitari, torno a vivere stabilmente in Italia, pieno di interrogativi.
La civiltà africana e quella occidentale appartengono allo stesso mondo: negli ultimi anni ho
mostrato in gallerie e musei europei la bellezza primigenia africana. Parallelismi: gli istinti
rimangono gli stessi, le esigenze sono le stesse.
Ora, partendo dall’abissale scarto economico-tecnologico tra la civiltà primitiva sub-sahariana e la
realtà metropolitana occidentale, il mio percorso fotografico indaga nei tratti basilari delle esigenze
umane, contrapponendo e avvicinando dinamiche e gestualità. E' uno spunto di riflessione sulla
condizione del benessere (e sulla sua esasperazione).
Manuel Scrima

LA MOSTRA
La mostra sarà formata da circa 30 dittici fotografici, ossia coppie di fotografie, di cui una è scattata
in Africa, l’altra in Europa.
La realtà africana rappresentata è quella originaria delle tribù primitive, che ormai stanno
scomparendo. La realtà europea è la quella a cui siamo abituati tutti i giorni nelle grandi città.
Nelle immagini africane la natura è un tutto enigmatico, integro, profondo ed immenso ma
immobile e altro. La natura occidentale è alla nostra portata: interrogata, segmentata e scomposta
nell’infinitamente piccolo, oppure valorizzata con enfasi e trasformata fino all’irriconoscibile per
diventare nostra alleata e complice.
IL TEMA DELLA MOSTRA
Cosa ti viene in mente quando pensi all’Africa?
L’idea di questo progetto nasce da una constatazione: l’immagine che l’opinione pubblica
occidentale ha dell’Africa è spesso l’effetto delle sole campagne di sensibilizzazione. Queste
campagne, pur con lo scopo nobile di raccogliere fondi di beneficenza, tendono a rappresentare un
continente appestato, interamente e uniformemente, da una doppia miseria: l’indigenza e l’infelicità.
Tutto ciò che abbiamo per vivere felicemente (e che possiamo anche offrire, data l’abbondanza) a
loro è negato. Questo atteggiamento unilaterale si rivela scorretto, se pensiamo che nelle classifiche
sul livello di felicità soggettiva, ai vertici si trovano diversi paesi africani.
Dove lo stile di vita occidentale non è arrivato a dettare nuove regole, le tribù cosiddette primitive
conducono un’esistenza semplice e dignitosa, ma soprattutto articolata ed autonoma. Chi si trova in
quei luoghi, sempre più rari, s’imbatte in un nuovo universo di senso. Non si tratta semplicemente
dell’elemento, per noi invitante, dei paesaggi mozzafiato, dei riti misteriosi o dell’artigianato
esotico: quest’Africa è il risultato della sua propria storia.
La mostra è finalmente l’occasione di pensare l’Africa come soggetto di pensiero: al di fuori di ogni
desiderio di integrazione al nostro modello di felicità. Quell’Africa così lontana si propone di nuovo
suggestiva. Le azioni quotidiane di queste donne e di questi uomini, poste a fianco alle nostre,
illuminano le nostre pratiche di vita, spesso – apparentemente – sprovviste di un significato:
l’intensità del loro vissuto e la bellezza equilibrata e radiosa che esso sprigiona sembrano possibili
solo grazie all’essenzialità e al rifiuto di ogni piano evolutivo o velleità progressista.
Paradossalmente, la nostra ricerca di bellezza, in continuo stato di perfezionamento, si rivela meno
equilibrata e più fragile: così l’idea del continuo aggiornamento è l’unica possibilità di aspirazione
al successo. Il mondo della tribù sembra immunizzato al canto delle sirene pubblicitarie. I colori
colmano gli occhi, l’orizzonte si apre all’infinito, il buio ci parla, i gesti infondono consapevolezza,
la passione torna a esprimersi assieme allo stupore: un mondo “chiuso”, a dispetto delle promesse
della competitività, spalanca i sensi e libera la vitalità. L’uomo e la sua misura: questa condizione di
sintesi e di armonia è l’oggetto degli scatti africani.
Le fotografie europee non vogliono contrapporsi come esempio di avidità, decadimento o apatia. Al
contrario, il modello europeo ha accettato la sfida del progresso. Si lavora per migliorare le nostre
condizioni e lavorando s’invecchia: chi dovrà pienamente godere dei nostri sforzi sarà l’umanità del
futuro. E’ un atto, inconsapevole, di altruismo spregiudicato quanto inconsapevole. Di qui
l’immagine sarà mobile, sincopata, tesa. La nostra civiltà è ribelle (alla misura) e ottimista. Grazie a
questo ottimismo, decisamente intellettualistico per una civiltà appagata, sopporta il disequilibrio e
fa dell’insoddisfazione la sorgente della virtù cardine, la virtù dell’ambizione, il nostro vanto
segreto.

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